“Art Institute of Chicago II, Chicago 1990” di Thomas Struth

Thomas Struth è considerato uno degli artisti più influenti e famosi del sistema arte contemporanea, nonché esponente di spicco di quella che viene definita Scuola di Düsseldorf.

Il fotografo tedesco frequenta la Kunstakademie a partire dall’autunno del 1973 e dopo una prima esperienza nella classe di pittura di Gerhard Richter, decide di dedicarsi alla fotografia. Inizia così a seguire le lezioni dei coniugi Becher.

Ben presto il suo sguardo “oggettivo” apre la strada a un vero e proprio rinnovamento della fotografia che ne decreta il suo ingresso a pieno titolo nell’arte contemporanea.


Art Institute of Chicago II, Chicago 1990”, è un’opera tratta dalla sua prima serie di fotografie museali, il lavoro forse più noto e acclamato, in cui Struth esamina la dinamica spettatore-opera all’interno di istituzioni culturali.

Soltanto in apparenza sembra di essere di fronte a istantanee casuali scattate di nascosto ai visitatori, mentre vagano tra le sale espositive. In realtà, si tratta di immagini estremamente intenzionali. Servendosi di una fotocamera di grande formato, Struth trascorre ore, o addirittura giorni, prima dello scatto decisivo.


Dal punto di vista compositivo, il rigore con il quale è costruita questa immagine, ben rappresenta la precisione maniacale dell’artista.

Struth e Caillebotte

Siamo di fronte a una struttura estremamente curata, in cui gli ingombri del frame vengono divisi in tre porzioni distinte. Il primo piano, con l’opera “Rue de Paris, temps de pluie“ di Gustave Caillebotte e le persone che osservano la tela e il secondo piano, i due ambienti separati dal blocco centrale.

L’inquadratura è inoltre perfettamente divisa in due dal piccolo palo centrale che sembra continuare all’interno del quadro stesso con il lampione che, a sua volta, taglia in due il dipinto.

Soffermiamoci ora sui due spettatori in primo piano, che occupano ognuno la metà del blocco centrale.

A destra una ragazza con le mani dietro la schiena sembra incrociare lo sguardo dei due soggetti principali del quadro, che danno l’impressione di avanzare, uscire dalla rappresentazione pittorica e rompere la soglia tra realtà e finzione.

A sinistra, invece, assistiamo a un moto invertito con la donna con il passeggino che sta per addentrarsi tra le vie di una Parigi fine ottocento. L’abito a scacchi riprende la geometria sfumata del selciato bagnato dipinto da Caillebotte.

Tutto sembra funzionare alla perfezione in un gioco di rimandi e l’espediente del “frame within a frame”, unito all’atteggiamento dei visitatori della sala alza definitivamente il velo, rompendo il confine tra pittura e fotografia.

Lo spettatore è invitato a entrare in questa rappresentazione stratificata. “Nel mio lavoro museale, volevo connettermi con i dipinti che ho scelto in un modo particolare, fotografando gruppi di visitatori corrispondenti alle figure nei dipinti che ho fotografato“, ha affermato Struth nel corso di un’ intervista.

Un modo per estendere lo spazio e il tempo della visione e aggiungere un nuovo livello all’esperienza visiva. Un gioco di rimandi e di assonanze che rendono quest’opera e le altre della serie realizzata nei musei, un punto di svolta della fotografia come arte contemporanea.

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