Jeff Wall particolare di una mostra

Realtà e Finzione nelle Fotografie di Jeff Wall

A partire dagli anni ‘70 del secolo scorso, la fotografia entra di diritto a far parte dell’arte contemporanea. Uno dei protagonisti di questa svolta è sicuramente il canadese Jeff Wall.

Un abile e raffinato artista, dotato della capacità di ottenere risultati straordinari nel campo della fotografia e di una innata abilità nel creare una rappresentazione autentica della realtà attraverso la costruzione e la finzione.

La Fondation Beyeler di Basilea, dal 28 gennaio al 21 aprile 2024, dedica una vasta mostra antologica a Wall, ripercorrendo la sua intera carriera e le sue diverse tipologie di opere.

Per il curatore Martin Schwander:

Jeff Wall è uno dei più importanti artisti contemporanei, il cui metodo consiste nel produrre immagini che sembrano reali, ma spesso non lo sono. Costruisce le immagini in vari modi, ottenendo un ‘simulacro’ della realtà. Allo stesso tempo, realizza anche fotografia tradizionale e di documentazione. Jeff Wall sfrutta tutte le possibilità offerte dal mezzo fotografico in quanto artista”.

Wall possiede una profonda conoscenza della storia dell’arte e del modo in cui si compongono i dipinti, il che si riflette nelle sue immagini sofisticate, elaborate e ricche. Si tratta spesso di stampe di grandissime dimensioni retroilluminate, messe in mostra come si trattasse di schermi cinematografici. Lightbox presenti nei musei più prestigiosi del mondo.

Jeff Wall -Destroyed Room

Destroyed Room”, del 1978, è forse la sua prima grande opera. Ispirata al capolavoro di Eugène Delacroix, “La Morte di Sardanapalo”. La fotografia raffigura una stanza da letto completamente in disordine con mura squarciate, materassi e oggetti sparsi ovunque. Disordine e distruzione che sono anche il soggetto del quadro del pittore francese.

Maestro indiscusso della “Staged Photography”, il fotografo di Vancouver orchestra sui suoi set personaggi e scenografie rendendo spesso impossibile, ad un primo sguardo, rendersi conto della messa in scena. È il caso di “Dead Troops Talk (a vision after an ambush of a Red Army Patrol, near Moqor, Afghanistan, winter 86)”, del 1992, in cui viene ricreato nei minimi particolari un campo di battaglia. Solo osservando con attenzione ci si rende conto dell’incongruenza del contesto. I protagonisti assumono posture ed espressioni fuori luogo, lontane dalla drammaticità della scena.

Jeff Wall

I soldati sembrano tornare in vita al termine degli scontri, mostrando una serie di risposte emotive che vanno dall’umorismo alla confusione, all’incredulità e che sembrano accompagnare questa loro rinascita.

In altre opere Wall si sofferma sul linguaggio della street photography. È il caso della celeberrima “Mimic” del 1982. Una fotografia che non rappresenta la realtà, ma sembra volerla mimare come appunto ci suggerisce il titolo.

Jeff Wall - Mimic

Con le sue fotografie Wall sembra fermare letteralmente il tempo, riscrivendo completamente il concetto di “istante decisivo” caro al fotogiornalismo classico. Staged Photography, finzione pura, che ci regala però un attimo di realtà plausibile. Fotografie costruite nei minimi particolari. Una vertigine di artificiale realismo, un’epifania di suggestioni visive.

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